In 3 sorsi – Si sono davvero normalizzati i rapporti tra Cina e India dopo la crisi dei mesi scorsi? È da questa domanda che probabilmente dipende l’equilibrio di tutta l’Asia meridionale, soprattutto visto che anche Russia e USA si sono dimostrati particolarmente interessati a inserirsi nella disputa, sebbene con differenti modalità.
1. PRIMI CONCRETI SEGNALI DI DISTENSIONE
Dopo mesi di schermaglie tra Cina e India lungo il confine himalayano sembrerebbe essersi normalizzata la situazione, con entrambe le parti che si sono incontrate a Mosca assumendosi le proprie responsabilità. Nello specifico i Ministri degli Esteri Jaishankar e Wang avevano raggiunto un’intesa di massima sul cessate il fuoco circa un mese fa, grazie soprattutto alla supervisione di Putin, che pare aver portato a casa una delle vittorie diplomatiche più importanti degli ultimi anni. Mosca è infatti riuscita dove Washington aveva precedentemente fallito, visto che sia Pechino che Delhi avevano negato a Trump il ruolo di mediatore nei negoziati. Tutto questo non era per niente scontato, considerata la grande amicizia tra Modi e Trump.
Intanto, prima la Cina ha liberato cinque cittadini indiani che avevano attraversato il confine essendosi smarriti durante una battuta di caccia, poi l’India qualche giorno fa ha rilasciato un soldato cinese che era stato trattenuto per gli stessi motivi.
Fig. 2 – Manifestazione anti-cinese a Siliguri, poco lontano dal confine sino-indiano, giugno 2020
2. GLI USA TERZO INCOMODO IN ASIA MERIDIONALE?
Stephen Biegun, vicesegretario di Stato americano, ha visitato a metà ottobre Dacca per un incontro istituzionale. Si è parlato ovviamente della crisi umanitaria che riguarda i rifugiati Rohingya, che dal Myanmar cercano rifugio in Bangladesh. Biegun ha apertamente rinnovato il supporto americano per risolvere pacificamente la questione Rohingya e il traffico di armi frontaliero. Parallelamente va anche osservato che la visita di un esponente del Governo americano in Bangladesh in prossimità delle elezioni presidenziali è ormai un appuntamento fisso: prima di Biegun si erano infatti recati nel Paese asiatico sia Hillary Clinton nel 2012 che John Kerry nel 2016. L’origine di questo interesse è legato principalmente a ragioni elettorali e in tal senso Biegun sembrerebbe abbia tentato di accaparrarsi il favore di circa 200mila americani di origine bengalese tradizionalmente legati al Partito Democratico.
Biegun ha avuto anche un incontro con il Ministro degli Esteri indiano Jaishankar in cui ha avuto modo di rinnovare la partnership per la condivisione delle informazioni militari. Il vicesegretario di Stato americano si è anche espresso sulla situazione sino-indiana, definendo la Cina “l’elefante nella stanza”. Una dichiarazione che fa pensare a una possibile e concreta ingerenza americana nella disputa: nello specifico il Governo di Washington ha verosimilmente intenzione di scavalcare la Russia e acquisire una posizione di leadership in Asia meridionale.
Fig. 2 – Il vicesegretario di Stato USA Stephen Biegun (a sinistra) durante la sua visita in Bangladesh, 15 ottobre 2020
3. NON SOLO L’HIMALAYA SUL TAVOLO DELLE TRATTATIVE
Gli ingenti investimenti economici cinesi in Bangladesh stanno lentamente raffreddando le relazioni con l’India e probabilmente serviranno anche ad “allontanarla” da Washington, togliendo pezzi importanti agli USA nel suo scacchiere asiatico. La Cina ha infatti quasi completamente abbattuto i dazi per circa 8mila prodotti bengalesi. Tuttavia da Dacca fanno sapere che il Bangladesh non sarà sede di una “proxy war”. Ma qual è davvero la situazione nell’Asia meridionale?
L’India ha bisogno di mantenere i rapporti sia con la Russia che con gli Stati Uniti. Infatti la vendita di armi russe da una parte, la condivisione di informazioni con gli Stati Uniti dall’altra e la richiesta di Modi di un coinvolgimento diretto americano nell’Indo-Pacifico lasciano pensare che di fatto Delhi non abbia intenzioni molto amichevoli nei confronti della Cina.
Sull’altro fronte, invece, Russia e Cina hanno prima recentemente riacceso un’antica questione territoriale relativa allo status della città di Vladivostok, ma Putin non ha escluso la possibilità di un’alleanza militare con Pechino. A questo punto sembra che Mosca stia mandando un segnale chiaro a Washington, ribattendo all’intesa tra USA e India con la sua “svolta a est” nei confronti della Cina. Tutto questo lascia pensare che il confronto sino-indiano sull’Himalaya stia portando alla luce interessi diversi, ma innegabilmente legati al tentato inserimento di Russia e Stati Uniti nei fragili equilibri dell’Asia meridionale.
Massimiliano Giglia
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